P. Cesare Bilancini
(Sestino 24 ottobre 1924 – Verona 20 giugno 1985)
Era nato a Sestino (Arezzo) il 24 ottobre 1924. Ben presto la sua famiglia si trasferí a Genova, dove il papà avrebbe trovato un lavoro piú redditizio, davvero necessario per i bisogni dei suoi sei figli. Il suo parroco, nella lettera di presentazione all’Aspirantato, testimoniava che Cesare era un chierichetto molto assiduo. Il fratello Guido ha confidato: “Cesare ha sempre avuto quella vocazione, fin da piccolo diceva: sarò sacerdote”. Entrò nella nostra famiglia come aspirante nel 1936 nella Pia Casa di Genova, novizio a Roma nel 1941, l’8 settembre del ’42 emette la prima professione religiosa e nel ’46 quella perpetua. Da allora la sua ascesa sulle vie di Dio fu sicura e rapida: sacerdote nel 1950 nella chiesa dei Santi Apostoli, consacra le primizie del suo ministero agli aspiranti di Porto e poi a Gavi come insegnate. Dal 1 ottobre del ’65 è parroco a Fiumicino dove per 19 anni esplica con zelo la sua missione sacerdotale e realizza il suo sacerdozio. Amò Fiumicino e Fiumicino amò lui. Non c’era problema della vita cittadina che non lo vedesse impegnato con perspicace ardore e giusto criterio. Le famiglie povere, i disoccupati, i giovani sposi, le famiglie in difficoltà morali, i malati, gli anziani, i giovani, tutti insomma trovavano in lui il padre e l’amico pronto e generoso. Amava moltissimo il decoro della Casa di Dio: restaurò l’interno e l’esterno della Chiesa, curò con impegno e zelo che le funzioni sacre sì svolgessero con solenne dignità e decoro liturgico in tutto. Collocò, nella piazza centrale di Fiumicino, una statua marmorea della Madonna Assunta, quale amabile Padrona, sulla sua cittadina. Nella lettera di commiato l’Arciv. Mons. Pangrazio gli scrisse fra l’altro: « … Ma le benemerenze per la sistemazione della chiesa, per aver reso tutto decoroso e funzionale, per la cura delle celebrazioni e l’esempio luminoso di fede, di pietà, di carità, d’interessamento per ciascuno, sono un dono che resta scritto nel cuore di molti ed anche nel mio». Si può dire che l’insieme delle sue scelte, delle sue azioni, dei suoi atteggiamenti e, quindi, dei desideri che hanno solcato la sua vita, ispirandola, sono riconducibili alla logica per cui è vissuto: “Soli Deo gloria”. Sono queste le parole, la chiave di lettura che Cesare apponeva alle sue domande: prima alla professione religiosa e poi all’ordinazione sacerdotale. E terminava siglando: “Laus Deo”. Uomo semplice e buono, religioso fedele, sacerdote tutto di Dio. Aperto ai problemi sociali della zona, privilegia il tempio, come casa del Signore, seguiva con particolare premura umana e sacerdotale gli anziani e gli ammalati. Sapeva coltivare l’amicizia. Viveva profondamente il senso di appartenenza alla sua famiglia, alla Congregazione, alla Chiesa. Nel 1977 inizia il suo calvario a causa di un meningioma che verrà asportato con intervento chirurgico per ben quattro volte. Proprio a causa della sua salute, nell’ottobre dell’84, accetta di trasferirsi a Verona, nella parrocchia di Maria Ausiliatrice, dove avrebbe svolto un lavoro apostolico meno gravoso, ma pur sempre prezioso nella vigna del Signore. Anche qui ha goduto la simpatia dei confratelli e dei fedeli che hanno apprezzato la sua semplicità d’animo e la sua bontà sacerdotale. Il 15 maggio, offrendo la sua sofferenza per le vocazioni, entrava con grande serenità nella sala operatoria. Il lungo intervento era riuscito, ma ben presto sopraggiunsero complicazioni: l’immobilità della gamba sinistra, la flebite ed infine un’embolia. Il suo corpo è stato tumulato nel cimitero di Fiumicino, loculo 1° set. LD n° 5/III.
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