Giuseppe Brugnoli
I frequentatori assidui della Messa feriale della Parrocchia di Santa Maria Ausiliatrice certamente se lo ricordano.
Il giornalista Giuseppe Brugnoli, nato ad Avesa nel 1930, dal suo trasferimento in quartiere, nel 1993, si sedeva più o meno sempre nel medesimo posto nei banchi della sua nuova parrocchia.
Lo si poteva veder arrivare alla Messa insieme alla moglie Adriana Tessari, da lui sposata nel 1956, non solo in tutte le feste comandate, ma anche nei giorni feriali.
Arrivavano entrambi a piedi dalla vicina Via Agno, lui con il cappello nero e il cappotto alla Humphrey Bogart, sempre con una sigaretta sul labbro, che gettava via entrando dalla porta laterale. Lei con il suo caschetto bianco e il suo portamento umile e discreto.
Arrivavano già per il rosario, e la moglie gli faceva quasi sempre notare che di uomini ne arrivano pochi a quell’ora. Ma lui si teneva pronto (e ci teneva!) ad essere scelto per leggere una lettura e, magari, a scambiare qualche battuta o una mezza confessione con P. Antenore, un anziano prete che apprezzava molto.
Giuseppe Brugnoli era un personaggio molto conosciuto a Verona.
È stato direttore de L’Arena dal 1982 fino al 1993, quindi del concorrente quotidiano “La Cronaca”, fino alla sua chiusura.
Ha diretto innumerevoli riviste veronesi, tra cui la rivista “Gardaway” dell’Aeroporto Catullo, il Bollettino della Banca Popolare di Verona, la rivista per i soci dell’Assicurazione Cattolica ed è stato il fondatore e direttore della rivista “Le Venezie” della Fondazione Masi.
Per vent’anni dal 1965 presidente regionale dell’UCSI (Unione Cattolica Stampa Italiana) Veneto di cui fu anche vicepresidente nazionale.
Mentre visse nel nostro quartiere è stato anche candidato sindaco al Comune di Verona e quindi componente di molte commissioni comunali.
Insomma, uno dei più noti giornalisti italiani: con l’UCSI del Veneto organizzò i convegni sul giornalismo di Recoaro Terme, dove ogni anno si alternavano le maggiori firme, tra cui Biagi, Montanelli e molti altri.
Ma nel suo quartiere e nella sua parrocchia passava quasi inosservato e in una parrocchia dove i padri provenivano da altre città, si sentiva a suo agio, lontano da inutili provincialismi.
Di lui ci rimangono alcune lettere, scritte con il suo inconfondibile tratto, a p. Antonio, a P. Venturino e a p. Antenore, i padri che gestivano la parrocchia, che spesso hanno cercato di coinvolgere lui e la moglie per qualche iniziativa.
Ma lui declinava gli inviti, riservandosi sempre, però, di essere un pungolo per il consiglio pastorale, contestando con garbo, ma anche con ironia, qualche iniziativa che lui riteneva un po’ sopra le righe, come ad esempio la moltiplicazione di altarini in una chiesa così moderna o l’eccessiva settorializzazione delle varie componenti della parrocchia.
Mentre la moglie Adriana, vincenziana molto attiva, mise a disposizione dei poveri la sua professione di insegnante di matematica facendo lezioni gratuite ai bambini, lui, invece, contribuì alla vita del quartiere con la sua penna e la sua cultura, talvolta scrivendo qualche pezzullo richiestogli dal parroco, per qualche anniversario, per la visita del vescovo e per altre ricorrenze.
Giuseppe Brugnoli ebbe un grande senso del suo essere laico e cattolico. Credeva che essere buoni cristiani non significasse necessariamente ricoprire qualche incarico parrocchiale.
Lui contribuì al suo quartiere con la penna e gli incontri, vissuti sempre, con intelligenza e inconfondibile ironia.
A p. Antenore, che non potè salutare prima del suo trasferimento a Genova per motivi di età, scrisse: «Io e mia moglie ricordiamo ancora con affettuosa commozione quando la trovavamo per le vie del quartiere mentre rincasava un po’ affaticato mentre tornava da visite a parrocchiani ammalati mentre andavamo anche noi in ospedali o cliniche della zona.
Ora penso che sarà un po’ difficile trovarla per strada o in chiesa, e sento che lei ci mancherà molto, non soltanto a me e a mia moglie ma a tutti coloro che hanno avuto la gioia e la segnalata fortuna di conoscerla. Penso davvero che il nostro prossimo incontro sarà di fronte a Dio, e quindi sarà abbastanza vicino, ma ho anche paura, che, una volta che io sia entrato in Paradiso non per i miei meriti ma per quelli dei miei morti e di chi prega per me, e mi troverò seduto su un gradino appena dentro, in mezzo al passaggio di chi si reca in posti più alti, mi sarà difficile non solo incontrarla ma anche vedere lei, irraggiungibile per un fedele tiepido come sono io».
Forse proprio grazie a questi incontri provvidenziali nel suo percorso casa-parrocchia, scrisse il suo unico romanzo “L’ironia di Dio”, la storia di sette barellieri che si ritrovano a Lourdes in maniera del tutto casuale, ma che scoprono di essere tutti, a loro modo, dei miracolati.
La vita in un quartiere è sempre un po’ così: ci finiamo per caso, ma nessun incontro resta senza senso e ogni incontro è a suo modo un piccolo miracolo.
Il suo saluto era il suo motto: «Grazie di esserci!». Un bel complimento che Giuseppe Brugnoli ha fatto a tutti noi.
Nessuna risposta.